“O tiempe de carcioffole arrustute”

Giovedì 17 Marzo 2011 18:35 Donato Liotto
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alt articolo scrittto nel febbraio 2009 Quante volte ci è capitato di ascoltare una canzone o vedere un film, ed in quello stesso istante ci riportano alla mente un momento particolare della nostra vita.Ricordi che, ci portano nel passato e ci fanno scavare nella nostra memoria.Troppi anni son trascorsi il tempo ha cancellato tanti ricordi ed è difficile farli riaffiorare.Ecco.Una canzone un film, può aiutarci a ricordare certi momenti davvero belli della nostra giovinezza.Nel caso specifico ad esempio, vi vogliamo riportare alla mente, non solo momenti, ma un periodo che poi racchiude nel suo insieme tanti momenti della vita di ciscuno di noi.Quindi per ricordacene vogliamo usare come riferimento ne un film e neppure una canzone ma: “O tiempe de carcioffole arrustute”. Certo, potrebbe suscitare ilarità questo paragone, ma continuate a leggere e capirete. Nella nostra città , nelle sue stradine e anche nelle strade principali , anni fa c’era l’abitudine di mettere fuori al proprio “basso” o al balcone “à Furnacella” che veniva adoperata per l’appunto per metterci sopra ad arrostire i carciofi.Si copriva il tutto con un foglio di carta riciclato dal macellaio e lo si bagnava.E da quel preciso istante il fumo invadeva la strada, il balcone di fianco, il basso attiguo.In sostanza…davvero non c’era scampo, “Chillu fumm” si doveva respirare!Ti entrava dritto nei polmoni e poi confluiva fino alla bocca dello stomaco.Era buona abitudine delle donne aversane accendere “à furnaccella” , verso mezzogiorno, quasi all’ ora è “magna”. Il giorno scelto era sempre la domenica. Ed in contemporanea, tutte le nostre nonne e mamme, quasi fosse un “rito comune” alla stessa ora, si davano appuntamento “annanze a furnacella”.Tante massaie, donne, di ogni ceto sociale.Sin dalla mattina iniziavano il “Rito di preparazione” : si sbattevano i carciofi su di una superficie dura per farli aprire, e nel cuore si metteva olio, sale, pepe a quintali, aglio e prezzemolo a volontà.Si lasciavano riposare un po’ e verso le 12.00 si accendeva la furnacella bella piena di carbonella.Bastava mezz’ora, il carciofo era pronto, e cotto a puntino.Veniva servito a tavola tra la gioia di tutti i commensali.Chiaramente, a fare da cornice a questo momento, nelle strade, nei vicoli di Aversa, oltre a tanto fumo..i ragazzini che gridavano, correvano, giocavano a pallone.Le mamme dal balcone con occhio vigile, gli scappava anche di gridare.Col grembiule addosso, a maglia a mezze maniche, (pure se era inverno e ci stavano zero gradi..non sentivano mai freddo) e con uno straccio appoggiato sulla spalla (praticamente “na mappina”) si portavano le mani nei fianchi, lasciavano i carciofi e urlavano a squarciagola :“Disgrazià.. mò che vene patete.. t’aggià fa..fà na paliate”e se non bastava, aggiungevano “Scurnacchià..pover’omm (anche se era un bambino già veniva etichettato come “uomo” ) t’aggià scippà tutte e capill mò che saglie n’cop!” .Finito di urlare, si ritornava ad arrostire come se niente fosse.Va detto che questo era davvero un rito che nemmeno il miglior attore di teatro poteva interpretare.Solo queste donne, sapevano esprimere tanta genuinità.Queste donne Aversane , erano le nostre “Mamme e le nostre Nonne.” dunque dicevamo:Finito di urlare, riprendevano con impegno ad arrostire i carciofi e non solo.C’era da preparare il ragù con le braciole “chine e pepe, prezzomolo e aglio in quantità, un chilometro di cotone per tenerle ferme” Dopo averle mangiate, e aver percorso metri per scogliere il filo di cotone, ti rimanevano sullo stomaco, fino al lunedi. Tanto da farti passare la fame per giorni . Ma va anche detto che erano buonissime. Poi le polpette con pane raffermo di 3 giorni, che veniva utilizzato per l’occasione della domenica .(Non si buttava nulla!Cosa questa, che, ancora oggi, in tante famiglie aversane e non solo vien fatto.) Un chilo di pane e 200 grammi di carne macinata, poca carne per la verità , a mala pane la si notava e la si sentiva sotto al palato. Ma erano tempi bui e non tutti si potevano permettere di comprare tanta carne.”Bastava sapere che c’era carne e andava bene così ” Poi, si decideva se preparare gli gnocchi o la pasta rigorosamente fatta in casa.Per concludere il pranzo, si andava a comprare il babbà, o la sfogliatella e, per chi non poteva permertterselo, il dolce veniva fatto in casa.Era domenica.E tutto doveva rispecchiare la tradizione.La tradizione dei nostri nonni, delle nostre mamme.Capitava frequentemente, anzi “semp!” che immancabilmente di domenica “gente che s’abbuccav” (che si invitava) non mancava mai. Figli sposati con le nuore e con seguito di una caterva di bimbi , i nonni, gli zii, generi, qualche vicino di casa che aveva contribuito a cucinare “na cosa a port io..na cosa a puort tu.E magnamme tutte assieme”. Poi l’ora cruciale del sedersi a tavola. “E seggiè so poche, addò m’assett n’terrà?” :subito si correva ai ripari. Tavule e pont (quelle che usano i muratori) duje bidune.. e uscivano 10 posti. Finalmente si mangia! Che bello!Tutti assieme intorno al tavolo, a godere anche se per pochi attimi della comunione della famiglia e non solo ma anche della presenza di tanti amici.Veri valori che negli anni sono stati tramandati, ma che, purtroppo non sempre vengono ricordati. “O’ tiemp de carcioffole arrustute” :quando le famiglie erano un tutt’uno. “Quello che è mio..e anche tuo” “nu tuozze a pane..e magnamme pure oggi” quanti momenti da ricordare guardando quella furnacella che ogni tanto ci capita di vedere ancora oggi , in qualche stradina di Aversa.E le voci che sentiamo sono solo lamentele della “Signora” del piano di sopra che si lamenta per il fumo e minaccia querele. “Nel nostro condominio è indegno che avvengono queste cose quà.Ne parlerò con l’amministratore.” Ma noi vorremmo dire a questa signora : “Affaciatevi dal balcone signora bella, aprite naso bocca e polmoni, spalancate e port e stù balcone.Sapete perché vi diciamo ciò ? “Cara Signora,” tenite a puzze sotto al naso e vi lamentate? Ma vuje non capite che questa non è puzza.Questo è profumo inebriante fatto di valori e tradizioni.Stù profum, chest’addore manche sapite cherè? Ve lo diciamo con il cuore, questo è il profumo delle nostre nonne e delle nostre mamme. Se ci pensate.. può darsi che, miezze a queste mamme, ci stava pure la vostra.Che mentre arrostiva i carciofi vi urlava dalla strada e vi diceva “Scurnacchià invece e fa a scema appicce a furnascella e da’na mano a mammà!”Guardate questa furnacella e vedrete che anche voi ricorderete.Ora però basta così..e ora di mangiare!